UN DISASTRO PROVOCATO DALLA LINEA FALLIMENTARE DEL PD

di Gianluigi Pegolo

 

L’esito dei ballottaggi è inquietante. Fra il primo e il secondo turno il centro destra ha una forte crescita in peso percentuale in molte realtà. E’ il segno che non solo lo spostamento a destra interessa anche i livelli locali, ma quel che peggio è che l’effetto dei risultati delle elezioni politiche ha depresso una parte dello stesso elettorato del centro sinistra che non è andato a votare nel secondo turno. Ciò è evidente in molte realtà, ma in modo particolare nel comune e nella provincia di Roma. Né l’ottimo risultato della coalizione di sinistra a Massa, o la sorprendente rimonta del candidato del centro sinistra a Vicenza, possono modificare il giudizio complessivo.
Da questi risultati emerge in modo ancora più evidente quanto sia stata negativa la valutazione dell’operato del governo Prodi da parte dell’elettorato e l’insensatezza della linea politica del partito democratico che con il suo moderatismo in salsa americana ha aperto un’autostrada alla destra nel Paese.
Le forze di sinistra hanno di fronte a se un duro compito e occorrerà tempo per rimontare la china. La prima cosa da fare è restituire fiducia e motivazioni ad un elettorato di sinistra oggi deluso ed in cerca di riferimenti.
Gianluigi Pegolo,
Del Comitato di gestione del Partito della Rifondazione Comunista

 


Morti bianche, non aspettiamo più tratto da Aprile on-line

La dignità delle persone? Calpestata ogni giorno nelle fabbriche, nei cantieri, negli scali portuali. Impossibile introdurre diversamente il tema della mattanza sul lavoro, che ha distrutto tra ieri e oggi altri cinque operai, uccisi durante il lavaggio di un'autocisterna a Molfetta, vicino a Bari. E' fin troppo evidente, ormai, come il diritto al lavoro sia ridotto a mera astrazione, ad una teorica tutela contraddetta dalla dura realtà. Il panorama, poi, si presenta ancora più fosco se si pensa che persino le roboanti tragedie sul lavoro che "fanno notizia" riuscendo a strappare una visibilità mediatica (dal caso-Thyssenkrupp ai recenti omicidi bianchi nei porti di Marghera e Genova) non contribuiscono ad invertire la tendenza. E dal giorno successivo al fattaccio, scatta il terribile conto alla rovescia in attesa del lutto successivo. E' semplicemente intollerabile che si prosegua su questa strada. Il Paese dovrebbe fermarsi per dire "basta", dovrebbe essere indotto ad uno scatto civile affinché la lotta agli omicidi bianchi diventi la priorità all'insegna di un accettabile livello di convivenza nel nuovo secolo. Senza un lavoro sicuro non è possibile sopravvivere, e chiunque non accetti questo principio va estromesso dal contesto sociale. Lo ricordo a beneficio di una parte del sistema delle imprese (tanto, troppo disattenta) e di settori della politica italiana indotti a credere ancora alla "fatalità" come causa prevalente. Dietro ad una simile propensione, per quanto grottesca ci possa sembrare, c'è una colpevole pigrizia politica: è la pigrizia di chi non intende aprire una seria riflessione sul "modo" del lavoro - dai ritmi agli orari fino alle dosi di nocività imposte dalla ossessiva rincorsa del profitto - e preferisce affrontare l'"incidente" caso per caso, decontestualizzandolo da una realtà produttiva ormai sfuggita di mano alla politica, alla società, agli enti predisposti ai controlli. Riprendere il bandolo della matassa è difficile ma bisogna farlo immediatamente. Il primo atto spetta al governo ancora in carica, inspiegabilmente in ritardo rispetto agli obblighi che si è assunto. Mi riferisco ai decreti attuativi necessari a completare l'iter della legge 123 varata lo scorso 3 agosto e a rendere vigenti le normative che tengono assieme prevenzione e repressione. Sull'onda della tragedia della Thyssenkrupp, il governo si era impegnato a "fare presto": ebbene, stiamo ancora aspettando e perciò siamo indignati. Per giovedì è convocato il Consiglio dei ministri e vedremo se palazzo Chigi, finalmente, manterrà gli impegni. In quel caso, il testo arriverà alle Camere e garantisco fin d'ora un iter celere in Commissione Lavoro a Montecitorio. Ma è ovvio che l'aspetto istituzionale rappresenta un segmento importante ma per nulla esaustivo della questione. Se in Italia, ogni giorno, muoiono oltre tre lavoratori, il dramma non ricade infatti soltanto sulle vittime e sui familiari; colpisce piuttosto la società nel suo complesso, compresi coloro che fanno finta di non vedere. Lo stato di emergenza è stato recentemente fotografato dall'Inail: 1.306 morti bianche denunciate nel 2006 (pur a fronte di una riduzione degli infortuni dell'1,3%), contro i 1.265 del 2005. Dall'inizio del 2008 ad oggi i morti sul lavoro sono 183 accanto a 4.578 invalidi, in seguito ad oltre 183mila infortuni. Si tratta dunque di interrompere il drammatico processo di "svalorizzazione" del lavoro e del suo valore sociale che abbiamo scontato negli ultimi venticinque anni e che ha comportato il peggioramento delle condizioni di vita delle persone colpendo tanto il lavoro salariato più tradizionale quanto le nuove forme atipiche. Restano altri nodi da dipanare: come affermare culturalmente, ad esempio, l'importanza fondamentale dei controlli? Il punto cruciale è intensificare le azioni di prevenzione e repressione, irrobustendo nel complesso l'apparato sanzionatorio. E di fronte al primato del profitto - così difficile da mettere in discussione - vanno messe in campo misure che rendano conveniente per le imprese investire in sicurezza. Tutto questo per dire che senza un impegno straordinario a 360 gradi non riusciremo ad invertire la tendenza. E continueremo a piangere migliaia di vittime innocenti.


L'urlo di Giannini : "Viva Gramsci, viva Di Vittorio, viva i morti di Reggio Emilia, viva il socialismo!"

 Nella sfibrante battaglia di Palazzo Madama, dove giorno dopo giorno la maggioranza perde confini e consistenza, dove i senatori schiacciano pulsanti con il cuore in gola, sapendo che anche una lieve perdita di concentrazione, un tic impercettibile, può innescare crisi senza ritorno, piace, al di là delle parole in sé, dare spazio al coraggio del senatore di Rifondazione comunista, in odore di scissionismo, Fosco Giannini.
Non prende la parola spesso, Giannini, ma stamattina ha deciso di farlo. Vestito di nero come un anarchico dell'Ottocento, ha tuonato contro un servizio che il Tg2 ha mandato in onda in occasione dell'anniversario della Rivoluzione russa. "Affermo - ha tuonato Giannini - in modo determinato, forte e chiaro che questo è stato un servizio vergognoso. È stato esplicitamente detto, signor Presidente, che la Rivoluzione d'ottobre è stata solamente un sanguinoso colpo di Stato, che ha messo fine alla vera rivoluzione, quella menscevica, che ha prodotto solo un nuovo zarismo, che ha gettato la Russia nel sangue e nella violenza, che ha esportato con la forza l'orrore, che la rivoluzione di ottobre ha favorito il sorgere del fascismo in Italia, che lo stesso nazismo sarebbe nato per combattere il mostro del comunismo, che la storia avrebbe dimostrato che comunismo e nazismo sono la stessa cosa, che infine il comunismo avrebbe manipolato i contadini e gli operai italiani".

Giannini non ci sta. "La Rivoluzione d'ottobre - ha proseguito tra le proteste vibranti dei senatori del centrodestra - è stata tra i più grandi eventi della storia dell'umanità. Essa, superando il capitalismo, ha dimostrato una volta per tutte a tutti i popoli oppressi all'interno del proletariato mondiale che i rapporti di produzione capitalistici non sono naturali e dunque eterni ed immutabili. Ha dimostrato che lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sulla donna non è un destino ineluttabile; che i padroni, come l'aristocrazia francese, non sono figli di Dio".
Il senatore ha attaccato di nuovo il TG2 ricordando che il servizio di ieri "si è chiuso con le immagini di manifestazioni operai italiane degli anni '60 con le bandiere rosse. Io mi sono alzato in piedi come si alzavano in piedi i contadini di Di Vittorio di fronte ai padroni delle terre. Mi sono alzato in piedi, senza togliere il cappello, per dire a tutti che questo servizio televisivo è stato contro la democrazia, contro la storia, contro la civiltà". Lirico il finale: "Mi lasci parlare con il cuore: viva la Rivoluzione d'ottobre, viva Antonio Gramsci, viva Giuseppe Di Vittorio, viva i morti di Reggio Emilia, viva il socialismo!".

Il giochetto del Tg2, associare immagini e commenti del comunismo sovietico con le manifestazioni operaie in Italia è stato, va da sé, un colpo di bassa propaganda, ed è inutile stare a rimarcare quanto diverse fossero le due cose. Bene ha fatto Giannini a ricordarlo. E così misere, di fronte all'oratoria gianniniana, sono suonate le risposte di certi del centrodestra. Come il leghista Roberto Castelli: "Ritengo che, al di là del merito, il suo discorso sia assolutamente interessante e chiedo che la registrazione sia acquisita e trasmessa dalla Rai perché gli italiani devono sapere chi i senatori a vita e i cosiddetti moderati alla Follini tengono in vita in questo governo".
Basso cabotaggio, conteggio prosaico. Giannini era stato un altro livello.


Dimissioni di un giovane Compagno

Nella notte tra  il 3 e il 4 settembre, uno dei compagni fondatori del nostro circolo ha rassegnato le proprie dimissioni.
Il Compagno Alessandro Belmonte, nel frattempo emigrato a Bologna (dove ricopriva l' incarico di segretario del circolo "Ottobre Rosso"), con una lunga lettera ha annunciato che questo partito non lo rappresenta più.
Rispettiamo la sua scelta ma esprimiamo la nostra completa contrarietà, convinti da comunisti, che come qualcuno già disse: le battaglie non si perdono si vincono sempre! noi aggiungiamo che le battaglie non si abbandonano, per questo ti ringraziamo per quanto dato a questo partito e ti invitiamo a ritornare sui tuoi passi, altre battaglie ci attendono e con te saremo più  forti.
I compagni di Rose

Lettera di Belmonte

Caro compagno segretario,

ciò che sto per comunicarti è stata per me una decisione sofferta ed, in quanto tale, frutto di un travaglio personale che dura ormai da molto, troppo tempo; ma, appunto, dato che si tratta di una scelta ponderata essa assume anche un carattere irreversibile.

Come ben sai, ero tra coloro che, allo scorso congresso, non hanno condiviso le tesi congressuali sostenute dalla maggioranza del nostro Partito poiché ritenevo, e gli ultimi eventi mi stanno dando ragione, sarebbe stato impossibile reggere l’urto dell’impopolarità dovuta all’entrata del Partito in un Governo di CENTRO-sinistra senza prima aver concordato, definito, alcuni punti programmatici dirimenti affinché il nostro Partito potesse prendere parte ad una tale eterogenea coalizione.

Dopo un anno di governo dell’Unione le condizioni delle nostre classi sociali di riferimento oltre a non essere migliorate, sono, se era possibile, addirittura peggiorate. Tanti sono stati i rospi che la Sinistra d’Alternativa, ed il nostro Partito in particolare, hanno dovuto ingoiare per il bene della coalizione. Persino il programma dell’Unione che, da più parti, anche all’interno del nostro Partito era sbandierato come un punto di mediazione alto, è divenuto ormai carta straccia.

Emblematiche sono, in tal caso, le vicende relative all’allargamento (in realtà alla nuova costruzione) della base NATO del Dal Molin a Vicenza, e l’innalzamento dell’età pensionabile da 57 a 62 anni di età, superando sì lo scalone della legge Maroni ma nello stesso tempo peggiorando la già suddetta legge.

Tutto ciò ha fatto sì che il nostro Partito abbia perso alle ultime elezioni amministrative più del 60% dei propri voti. È un dato preoccupante, che in un Partito Comunista serio avrebbe avuto come conseguenza minima le dimissioni immediate del segretario nazionale e di tutto il gruppo dirigente. Nel nostro Partito non è accaduto nulla di tutto ciò, anzi, si è volutamente evitato di discutere di tale emorragia di consensi e si è incentrata tutta la discussione sulla necessità del superamento della Rifondazione Comunista per dar vita ad un nuovo soggetto (Partito? Federazione?) che possa raccogliere tutte le forze che si collocano alla sinistra del nascente Partito Democratico con lo scopo non dichiarato, ma evidente, di normalizzare il quadro politico nazionale ed inglobare nella logica del bipolarismo anche le forze antagoniste ed anticapitaliste di cui il nostro Partito è, o era, ad oggi, il massimo esponente.

Tutto ciò rende inconciliabile la mia presenza all’interno del Partito anche perché penso sarebbe ipocrita, da parte mia, continuare a far parte di un Partito di cui non condivido ormai né le scelte immediate né i progetti futuri. Per tale motivo, con questa lettera, intendo rassegnare le dimissioni da Segretario del Circolo “Ottobre Rosso”, membro del CPF e del Coordinamento Provinciale dei Giovani Comunisti.

Nella speranza di poterci rincontrare nei luoghi di lotta, auguro a tutti i compagni e le compagne un buon lavoro.

Saluti Comunisti.

Alessandro Belmonte

Segretario del circolo "Ottobre Rosso"